sabato 7 aprile 2007

"Dies irae, dies illa, solvet saeclum in favilla: teste David cum Sybilla.Quantus tremor est futurus, quando judex est venturus, cuncta stricte dis.."



Mondo plastico. Plasmatico. Retto da fili: burattini e burattinai, barbuti Mangiafuoco, glabre Parche affollano ogni strada battuta dall'umana transumanza, ad ogni angolo ti può capitare d'incontrare qualcuno che ti vuole cambiare la vita volente, nolente o dolente...un coltello accecato dalla disperazione, una macchina ubriaca, uno scherzo che poteva essere simpatico solo nella propria testa, l'occasione di poter spiccare il volo, ma senza rendersi conto che poi magari le ali di cera si sciolgono.


La relatività della propria esistenza è legata indissolubilmente a quelle altrui. Purtroppo però c'è molta gente che percepisce questa sfera delle relatività nelle maniere più disparate, troppo spesso pericolose, per sè e per gli altri.


Dove bisogna cercare la radice di questo male che ogni giorno permea l'aria che respiriamo?

E' dentro di noi?

E' insita in ogni "uomo", e poi a seconda del proprio percorso di esperienze e di contestualizzazioni viene coltivata o recisa?

E' la degenerazione, un'imputridimento di un sentimento che ci appartiene e che potrebbe evolvere in una qualsiasi altra maniera?


Se sì, che cosa fondamentalmente provoca questo processo di deterioramento?


Ancora, a certe persone, psicolabili o meno, piace essere cattivi, sono affascinati, ammaliati dalle malignità o si comportano così perchè non si rendono conto o non ne hanno i mezzi e non intravedono altra scelta?


...cacchio quante domande oh!! emmobastapperòò!!


...chiedo l'aiuto del pubblico...quei due signori lì, sorridenti...mi sembrano due con la testa sulle spalle, prego...dite la vostra:



" Essere o non essere, questo è il problema.
E' forse più nobile soffrire nell'intimo del proprio spirito,
le pietre e i dardi scagliati dall'oltraggiosa fortuna,
o imbracciar l'armi, invece, contro il mare delle afflizioni,
e combattendo contro di esse metter loro una fine?
Morire per dormire. Nient'altro.
E con quel sonno poter calmare i dolorosi battiti del cuore,
e le mille offese naturali di cui è erede la carne!
Quest'è una conclusione da desiderarsi devotamente.
Morire per dormire. Dormire, forse sognare.
E' proprio qui l'ostacolo;
perché in quel sonno di morte,
tutti i sogni che possan sopraggiungere
quando noi ci saremo liberati dal tumulto,
dal viluppo di questa vita mortale,
dovranno indurci a riflettere.
E' proprio questo scrupolo a dare alla sventura una vita così lunga!
Perché, chi sarebbe capace di sopportare le frustate e le irrisioni del secolo,
i torti dell'oppressore, gli oltraggi dei superbi,
le sofferenze dell'amore non corrisposto, gli indugi della legge,
l'insolenza dei potenti e lo scherno che il merito paziente riceve dagli indegni,
se potesse egli stesso dare a se stesso la propria quietanza con un nudo pugnale?
Chi s'adatterebbe a portar cariche, a gemere e sudare sotto il peso d'una vita grama,
se non fosse che la paura di qualcosa dopo la morte
- quel territorio inesplorato dal cui confine non torna indietro nessun viaggiatore -
confonde e rende perplessa la volontà e ci persuade
a sopportare i malanni che già soffriamo
piuttosto che accorrere verso altri dei quali ancor non sappiamo nulla.
A questo modo, tutti ci rende vili la coscienza,
e l'incarnato naturale della risoluzione è reso malsano dalla pallida tinta del pensiero,
e imprese di gran momento e conseguenza,
devìano per questo scrupolo le loro correnti, e perdono il nome d'azione."
(William Shakespeare, "Amleto")


...vabbè ciao va'...

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