lunedì 22 agosto 2011

Fly me to the moon-child!


In vino veritas. Tor-mento. Thor-martello. Stappo. Scappo. End of the line. Partito, spartito sparito: spirato? I.

Quando finisce anche la musica, rimane quel silenzio incerto e la pigra tattilità dell'inconscio.

Sazio famulo, fioco lume, lunatico pallore di bianco riflesso.

Mi guardo, mi riguardo con riguardo. Cerco di mitridatizzarmi contro questi vizi che mi portano al pazzo palazzo.

Mi allontano. Ogni giorno un po' di più. Passo a passo a spasso. Dunque. Mi stranio com'un omuncolo estraneo in una terra straniera, pro-fe(t)ta in patriarchadiNoèbeonebenone.

Voi che mi guardate. Voi che mi vedete. Parlo a Voi. Che mi sentite. Voi che m'ascoltate. Voi e i Vostri Occhi. Voi e le Vostre Orecchie. IoVoI

Che strana situazione in cui sguazziamo, ci avvoltoliamo. Quello che è più sano c'ha la lebbra, dicevano, dello spirito chiaramente: a volte vorrei essere in una bolla d'acqua e girarimi, rosso, dall'altra parte, dolce memoria svanente. Ogni tanto mi fermo a riflettere su tutto quello che accade intorno e mi sembra tutto una grande Installazione di Arte Moderna atta a rappresentare L'Assurdo nei rapporti interpersonali, di ascoltare i dialoghi dei Conigli Bianchi Antropomorfi di Lynch, di cercare di raggiungere le Colonne d'Ercole su una barca alla fine di un gigantesco studio televisivo: che pasticciaccio brutto, eh? Prima o poi io penzo chi quarcoza debbe canbiari eccierto!


Oppure deve finire.