venerdì 6 gennaio 2017

Lampadoforìa - "Ubique et semper" - "Cotidie morimur" - "Libido legendi"


In un trasporto estatico, una lancinazione muta 
mi molce lo spiro.
Affiso ad una parola, che sia giubilo 
o infinito abisso, liberami.
Logoro di dubbio, un vuoto vorace 
m'enfia di polvere.

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La ricerca di me stesso continua in maniera strana, confusa, senza criterio in luoghi remoti, senza respiro o bagliori; la paura della notte invade gli angoli della stanza e una tensione mi fa vibrare, tremare: qualcuno parla della fine, vuole aprire porte eterne o almeno guardare oltre senza varcarne la soglia; qualcuno l'ha già oltrepassata e non è più tornato indietro.
Non è più tempo, è infinito: strane idee, strane parole hanno riempito pagine muri cuori bocche vite morti tristezze sguardi silenzi pensieri emozioni eccessi violenze incoscienze; la nave si è infranta nel buio del tuo addio, unico, solitario, alla deriva nella moltitudine delle lacrime, negli occhi spenti; quanti ancora useranno queste icone per far del male, senza sapere quale senso, quale significato, quale (sorDo) abuso hanno forse realmente rappresentato?

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"I suoi comportamenti provocano vergogna, quel sottile fastidio che accompagna ogni manifestazione di diversità. - 

"L'esitazione è una soglia su cui ci si trattiene (etimo della parola viene dal verbo latino che indica "restare attaccato"). Il filosofo tedesco Joseph Vogl sostiene che si tratta di un vero e proprio spazio del pensiero; di più: l'esitare è l'ombra che accompagna ogni decisione. A sua volta "decidere" contiene il gesto drastico del "tagliar via". - Se tradizionalmente nel pensiero occidentale l'esitazione è stata sempre confinata nella indeterminatezza, oppure degradata a lunatica frustrazione del fare stesso, bisogna invece riconoscere in essa un gesto attivo del chiedere in cui l'opera, la decisione, l'azione sono colti non già come compimento, bensì come nascere e divenire. - A Oreste, che ha giustiziato Egisto, assassino del padre in combutta con la madre, si para dinanzi Clitennestra. Fa il gesto di ucciderla, ma lei si scopre il seno e lo invita a venerare il luogo da cui ha tratto il suo nutrimento. Il "che fare?", la domanda urgente di Oreste, è il punto massimo dell'esitazione. Vogl ci mostra come in quell'istante si evidenzi la facoltà, o potenza, di fare o non fare qualcosa. Sono due corni del dilemma, per cui non solo il "fare" è potenza, nel senso aristotelico del termine, ma anche il "non-fare" lo è ugualmente" - Il senso della possibilità.

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"Il brutto poter" evocato dal Leopardi estremo di "A se stesso" - "La medicina ed il male sono la stessa cosa... - ...Italo Svevo: se la vita è "la malattia della materia", alla malattia non potremo mai rinunciare. Perché malgrado tutto è quella, appunto, che ci tiene in vita". (Gilda Policastro, "Il farmaco")

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"Ancora oggi "balzaquiana" e "gentshina balzakovskogo vozrasta" (donna in età balzachiana) in portoghese e in russo indicano una donna fra i trenta e i quaranta, all'apice della sua avvenenza perché libera e realizzata".

"L'uomo passa, la sua ombra rimane". (Aforisma cinese)

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"L'inferno esiste, è il qui e ora che abbiamo costruito insieme, ma se non vogliamo lasciarcene inghiottire o diventare parte di esso, dobbiamo "cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio" (Italo Calvino, "Città invisibili")

"Puer aeternus: il giovinetto errante mosso dal desiderio di ciò che è irraggiungibile, inafferrabile, incomprensibile".

"Devi cambiare la tua vita!" (R.M.R.)

"Uno spiccato gusto per il paradosso, sintomo di una genialità a disagio in tempi di miseria culturale. - La sensazione di non appartenere a nessun luogo (Heiner Müller)

"Non c'è cosa che pesi meno della penna" scriveva Petrarca, un anno prima della morte, a Boccaccio che lo esortava al riposo; "non c'è cosa più lieta", "gli altri piaceri - continuava - sono fuggevoli e dilettando fan male; la penna reca gioia quando la si prende in mano e soddisfazione quando la si depone". In realtà bisogna prendere speciali precauzioni per scrivere; è un male pericoloso e contagioso, comunicava Abelardo nelle lettere ad Eloisa. La pagina bianca ha una sua irresistibile attrazione, vi puoi costruire sopra castelli della fantasia e deporvi confessioni che a voce non sapresti formulare compiutamente. Però, porsi davanti a una pagina bianca e cominciare a riempirla "è una faccenda molto strana", annotava Maria Corti nelle "Pietre verbali": "Se si pensa troppo si finisce per non scrivere. E d'altronde ti pare che il mondo esista se tu ne scrivi": le veniva in mente Pessoa, per il quale uno scrittore simula la verità per evitare di essere il nulla, come del resto annotava Daniel Pennac, nel suo "Come un romanzo": "L'uomo costruisce case perché è vivo ma scrive libri perché si sa mortale". (Gianluigi Beccaria)

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"Fra i trentadue "ritagli" quello chiave è il quindicesimo, con gli occhi del più celebre ritratto del Fayum (II sec. d.C.): "la ragazza è morta". L'ultimo, poi, è davvero inconfondibile: i piedi del Cristo morto del Mantegna ovvero "il ritratto della nostra vertigine davanti a ogni morte". Non si però ad una contemplazione della morte macabro-dannunziana; inquieta semmai che, com'è evidente negli occhi di Fayum, ad essere risvegliato sia lo sguardo dei morti. Sono loro che ci guardano, come poi in certo senso (quello del Barthes della "Camera chiara") è connaturato alle immagini. Ci interpellano, ci mettono in questione. - Spossessamento viene definito da Anedda "esicasmo", una pratica ascetica dei padri del deserto e in genere degli asceti orientali: una preghiera ossessiva ripetuta in condizioni di totale isolamento - ad esempio al chiuso di una cella - per lo più di fronte ad una icona. - La pratica dell'attenzione".