Ancora oggi ho avuto una sensazione inquietante: ho come percepito segnali che non appartengono alla mia sfera, che mi hanno scosso, perchè li ho intesi in modo chiaro ed inequivocabile, li ho compresi come se, invece di essere avulsi dalla mia realtà quotidiana, intellegibile, fossero parti della mia inesistenza, trame del mio disordine.
Agorafilo. Necessitade d'immensitade. Rifiuto di limiti imposti, coartati, ma senza convincimenti, se non la mancanza de respecto per tutto ciò, o quasi, che mi significa. Debolezza legata a mollame, flaccidezza d'intenti. "This is not an exit." Non può essere la soluzione, la risoluzione.
Sempre più rapidamente si approssima l'acme: sbatto la testa, ma non si rompe. Continuo a frammentarmi. Calpesto fango, scivolando e strisciando per poter affrettarmi maggiormente, per non lasciare tracce, per non dimenticarmi di dimenticare tutto, ogni singola cosa. Ogni. Singola. Cosa.
E' possibile che esista con tutti i sensi e le facoltà. Non mi adeguo, quale spazio può accogliermi? Non posso degenerarmi: la mia possibilità? La mia impossibilità! Se non collido con altri geni allelomorfi, perché la mia combinazione? Mera casualità, tempo sprecato?
La cute riacutizzata dall'arsione.
Diffondo difformi daffodilli.
Equilibrio ad ogni passo, ad ogni costo?
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